In studio o a domicilio? La mia esperienza personale

In studio o a domicilio?

Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco (Confucio)

Questa affermazione, nonostante appartenga ad un filosofo del VI-V sec. a.C. e ad una cultura profondamente diversa dalla nostra, resta fortemente attuale, trasversale ai popoli e agli ambiti di applicabilità.

Lo stesso concetto fu ripreso da Benjiamin Franklin, scienziato e politico statunitense del ‘700, così:

Dimmelo e lo dimenticherò, insegnamelo e forse me lo ricorderò, coinvolgimi e imparerò

Come esperta negli apprendimenti posso dire che l’efficacia di tale affermazione si riscontra nella sua applicabilità già a partire dalla prima infanzia. Il bambino, tanto più è piccolo e tanto più apprende dall’osservazione dei comportamente di chi gli sta intorno, come dagli adulti di riferimento, contrariamente a come molti credono dalle spiegazioni verbali.

Sarà capitato anche ad alcuni di voi di dover spiegare e ripetere la stessa cosa per esempio a vostro figlio o figlia decine di volte e vedere di non ottenere risultati, erroneamente credendo di non essere ascoltati, o addiritura pensando che l’altro lo faccia per opposizione. Ma se poi avrete provato a far vedere a vostro figlio come si fa una certa cosa, e successivamente a farglielo provare nel concreto, questo diventerà un apprendimento indelebile alla memoria.

 

Gli esempi

Gli stessi genitori diventano quindi degli esempi di comportamento (in positivo o in negativo) per i propri figli, che, tramite l’osservazione, apprendono quei comportamenti quasi inconsapevolmente; per imitazione i bambini pongono in azione ciò che hanno osservato.

Quello che più mi piace dell’approccio del Coach Familiare è proprio questa concretezza.

Si agisce nel ‘qui ed ora’, ossia, si può intervenire sul paziente e interferire sui suoi pregressi e disfunzionali comportamenti appresi agendo nell’immediato.

Questo produce un apprendimento più veloce, ma soprattutto più efficace.

 

Un esempio

Per farvi capire, vi porto un esempio di un caso:

Giuseppe (nome fittizio) è un ragazzo con trisomia 21 (sindrome di Down) che seguo al fine di migliorare le proprie autonomie. Affinchè lui possa ottenere un lavoretto part-time (effettuare le pulizie nel suo condominio) gli stiamo insegnando piccoli compiti, come per esempio ‘spazzare le scale’.

Capire e comprendere le abilità di partenza sul compito è fondamentale per poi sapere dove intervenire. Ma come intervenire? Spesso si procede per prove ed errori, o da precedenti osservazioni.

Ho osservato che spiegando verbalmente a Giuseppe come spazzare, avendo pazienza di spiegarlo in modo semplice e chiaro, frasi corte e semplici, e anche per ripetute volte, non sortiva grandi risultati. Che questo dipenda da un’inadeguata comprensione di Giuseppe alle istruzioni verbali, o da deficit uditivi, alla fine ci importa poco, poichè l’esito resta lo stesso.

Allora decidiamo di mostrare a Giuseppe come fare:

Guardami un po’, adesso come lo faccio io, e dopo lo fai tu uguale!

Questa semplice sequenza osservazione + azione ha avuto un effetto di fissaggio in memoria, non solo a breve, ma anche a lungo termine, poichè al nostro incontro successivo (avvenuto dopo due settimane), Giuseppe ricordava ancora le nostre istruzioni. Insomma: aveva funzionato, c’era stato un reale apprendimento.

 

Agire con esempi concreti

Agire nell’immediato tramite esempi concreti è un aspetto estremamente funzionale di questa metodologia, e non solo se si lavora con le disabilità mentali, ma applicabile e funzionale con chiunque.

Continuando con l’esempio precedente, abbiamo fatto osservare il nostro comportamento diretto a Giuseppe alla madre, affinché lei stessa potesse modulare e cambiare da un approccio esclusivamente verbale ad uno più gestuale. In questo modo la loro modalità comunicativa divenisse all’occorrenza più efficiente.

 

La mia esperienza in studio

Come psicologa e psicoterapeuta accolgo i miei pazienti in studio e spesso mi sono trovata a dover utilizzare un approccio di tipo educativo.

Mi trovavo così a dover spiegare alle famiglie come comportarsi, come interagire con il figlio… ma non sapevo se a casa avrebbero attuato i miei suggerimenti.

I loro racconti potrebbero essere inficiati da un’analisi sommaria e non minuziosa della sitazione, o semplicemente dall’osservazione soggettiva di chi racconta.

Diventa complesso far comprendere anche quel piccolo gesto, che può essere non considerato o non consapevole messo in atto dalla persona, ma che fa una certa differenza, così come il tono di voce usato per dire qualcosa, per esempio.

Senza una correzione all’istante, nel momento stesso, diventa più complesso spiegare a quella persona cosa andrebbe cambiato, nonchè far osservare l’effetto immediato di quello stesso cambiamento.

Chiusa nel mio studio ho spesso desiderato vedere nel concreto il loro comportamento effettivo, per sapere se o meno corrispondesse alle descrizioni, soprattutto quando la spiegazione di un evento si diversificava tra i due coniugi.

Bisognerebbe osservarli in casa loro, nel loro ambiente, nella loro zona di confort, nelle loro abitudini usuali, in quei comportamenti che ormai si sono consolidati!

Questo pensavo in quei momenti.

 

Il Coach Familiare

L’esperienza di Coach Familiare mi ha dato l’opportunità di uscire dal mio studio e andare dentro le famiglie e quindi di poter osservare i miei pazienti nei loro rapporti più spontanei.

Questo rende le persone più naturali nei loro modi di fare e noi possiamo osservare in modo più limpido e trasparente senza l’influenza di schermi soggettivi che possano distorcere il racconto degli eventi.

Questo ci permette anche d’intervenire sul ‘qui ed ora’ di un’azione che si sta ponendo in atto.

Osservando e provando a mettere in atto una modalità più appropriata, si aiuta maggiormente e in più breve tempo al cambiamento.

Photo by Sandy Millar on Unsplash

 

 

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